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Rembrandt van Rijn, Harmenszoon

(1606 Leida - Amsterdam 1669). La Crocifissione - lastra piccola. Acquaforte su carta vergata fine, 1635 ca. Plgr. 9,5 x 6,7, foglio 10,3 x 7,8 cm. Montata sotto il passep. Nuova Ho. 143 II (v. III). B. 80. Ottima impressione del II stato prima delle revisioni finali. Ben conservata. Relativamente rara. D

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Rembrandt van Rijn, Harmenszoon

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Scuola spagnola del XVII secolo e successivi. Legno intagliato e policromo. Più tardi policromi. Presenta difetti. Misure: 94 x 64 x 13 cm. Cristo dei tre chiodi, scolpito in legno e policromo, di raggiunto verismo. È una figura sofferente, spirante, con gli occhi aperti che implorano pietà e la testa inclinata. L'intagliatore ha lavorato l'anatomia con notevole dettaglio, creando un corpo snello ma muscoloso. I modelli iconografici barocchi sono seguiti, portatori di un pathos ritirato, di una sofferenza contenuta. La rappresentazione della crocifissione ha subito un'evoluzione parallela alle variazioni liturgiche e teologiche della dottrina cattolica in cui vogliamo segnalare tre tappe fondamentali: all'inizio l'arte paleocristiana ometteva la rappresentazione della figura umana di Cristo e la crocifissione veniva rappresentata attraverso l'"Agnus Dei", l'agnello mistico che porta la croce del martirio. Fino all'XI secolo Cristo viene rappresentato crocifisso ma vivo e trionfante, con gli occhi aperti, secondo il rito bizantino che non considera la possibilità dell'esistenza del cadavere di Cristo. Più tardi, sotto la considerazione teologica che la morte del Salvatore non è dovuta a un processo organico ma a un atto di volontà divina, Cristo viene rappresentato, come nella nostra opera, già morto con gli occhi chiusi e il capo caduto sulla spalla destra, mostrando le sofferenze della passione, provocando la commiserazione, come riferito nel Salmo 22 quando dice: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (...) una folla di malvagi mi è vicina: hanno trafitto le mie mani e i miei piedi (...) si sono divisi le mie vesti e hanno tirato a sorte la mia tunica".

Scuola spagnola del XVII secolo. "Cristo crocifisso". Legno intagliato e policromo. Croce più tarda del XX secolo. Presenta difetti. Misure: 26 x 28 x 7 cm (Cristo); 56 x 36 x 9 cm (croce). Cristo a tre chiodi, scolpito in legno e policromo, di raggiunto verismo. È una figura sofferente, spirante, con gli occhi già chiusi e la testa inclinata. L'intagliatore ha lavorato l'anatomia con notevole dettaglio, creando un corpo esile ma con una muscolatura marcata, in "déhanchement" o leggero movimento dei fianchi che accompagna il piegamento di una gamba e aggiunge espressività. Si seguono modelli iconografici barocchi, portatori di un pathos ritirato, di una sofferenza contenuta. La tela della purezza si irrigidisce, stampando un gioco di chiaroscuri. La rappresentazione della crocifissione ha subito un'evoluzione parallela alle variazioni liturgiche e teologiche della dottrina cattolica in cui vogliamo segnalare tre tappe fondamentali: all'inizio l'arte paleocristiana ometteva la rappresentazione della figura umana di Cristo e la crocifissione veniva rappresentata attraverso l'"Agnus Dei", l'agnello mistico che porta la croce del martirio. Fino all'XI secolo Cristo viene rappresentato crocifisso ma vivo e trionfante, con gli occhi aperti, secondo il rito bizantino che non considera la possibilità dell'esistenza del cadavere di Cristo. Più tardi, sotto la considerazione teologica che la morte del Salvatore non è dovuta a un processo organico ma a un atto di volontà divina, Cristo viene rappresentato, come nella nostra opera, già morto con gli occhi chiusi e il capo caduto sulla spalla destra, mostrando le sofferenze della passione, provocando la commiserazione, come riferito nel Salmo 22 quando dice: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (...) una folla di malvagi mi è vicina: hanno trafitto le mie mani e i miei piedi (...) si sono divisi le mie vesti e hanno tirato a sorte la mia tunica".

Scuola spagnola; metà del XVII secolo. "Cristo crocifisso". Olio su tavola. Misure: 44 x 28 cm. Questa rappresentazione del Cristo crocifisso segue i precetti delle croci di cella, del tipo che veniva collocato all'interno delle celle dei monaci. Come di consueto per questo tipo e per questa epoca, la croce è a sezione rettilinea, disadorna e lavorata in modo illusionistico, con una pittura tipicamente barocca di luce tenebrosa e di espressione patetica. Il Cristo appare al centro, con un'anatomia espressivamente deformata che denota la sopravvivenza del manierismo anche nel XVII secolo. L'illuminazione è a metà strada tra il tenebrismo barocco e la luce artificiale del manierismo, e comunque crea un gioco illusionistico molto in linea con la sensibilità barocca. Ai suoi piedi vediamo una rappresentazione del cranio di Adamo. Le croci a cella sono un tipo di opera devozionale molto comune nei conventi e nei monasteri spagnoli e latinoamericani del XVII e XVIII secolo. Tuttavia, non è comune che esse contengano la firma del loro autore, come in questo caso. La crocifissione di Cristo è il tema centrale dell'iconografia cristiana e soprattutto di quella cattolica. Cristo fu sottoposto alle sofferenze che toccavano agli schiavi fuggitivi o ribelli, una condanna essenzialmente romana ma di origine persiana. Questo episodio della vita di Cristo è il fatto storico più rigorosamente provato ed è anche l'argomento principale per la redenzione della dottrina cristiana: il sangue di Dio incarnato come uomo viene versato per la redenzione di tutti i peccati. La rappresentazione della crocifissione ha subito un'evoluzione parallela alle variazioni liturgiche e teologiche della dottrina cattolica in cui vorremmo evidenziare tre tappe fondamentali: inizialmente l'arte paleocristiana ometteva la rappresentazione della figura umana di Cristo e la crocifissione veniva rappresentata attraverso l'"Agnus Dei", l'agnello mistico che porta la croce del martirio. Fino all'XI secolo Cristo veniva rappresentato crocifisso ma vivo e trionfante, con gli occhi aperti, in accordo con il rito bizantino, che non considerava la possibilità dell'esistenza del cadavere di Cristo. In seguito, sotto la considerazione teologica che la morte del Salvatore non è dovuta a un processo organico ma a un atto di volontà divina, Cristo viene rappresentato, in molte occasioni, già morto con gli occhi chiusi e il capo caduto sulla spalla destra, mostrando le sofferenze della passione, provocando la commiserazione, come viene riferito nel Salmo 22 quando dice: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (...) una folla di malvagi mi è vicina: hanno trafitto le mie mani e i miei piedi (...) si sono divisi le mie vesti e hanno tirato a sorte la mia tunica".