ASTOLFO PETRAZZI Siena (1580 / 1653) "Angeli musicanti"
Coppia di dipinti a olio…
Descrizione

ASTOLFO PETRAZZI Siena (1580 / 1653) "Angeli musicanti" Coppia di dipinti a olio su tela Origine: Madrid, collezione privata. Questa coppia di grandi tele è un buon esempio di pittura barocca senese. Provenienti dal mercato antiquario italiano e acquisite come opere di Astolfo Petrazzi, rappresentano una coppia di angeli musicanti, uno dei quali suona il serpente e l'altro il liuto. Spicca il loro tono monumentale, in quanto si tratta di figure che superano di poco le dimensioni reali ed entrambe si trovano all'interno di una coppia di nicchie architettoniche in pietra bianca, sormontate da archi semicircolari. Conoscendo il naturalismo romano, Petrazzi gioca con i contrasti di luce e ombra per dare maggiore profondità alle sue composizioni e lavora con la prospettiva in modo che gli angeli sembrino sfuggire alle cornici architettoniche che li racchiudono, dando a entrambe le composizioni un grande movimento. Nulla si sa della loro origine remota, anche se, per la consistenza dei dipinti, è facile ipotizzare che debbano far parte di una commissione di grande importanza realizzata a Siena, Spoleto o Roma, città in cui sviluppò la sua attività. Dalla testimonianza delle fonti sappiamo che Petrazzi realizzò innumerevoli opere pubbliche e che assunse anche molte commissioni private, creando eleganti opere destinate alla devozione domestica. All'interno di quest'ultimo gruppo, spiccano i dipinti di genere, in cui l'artista ricorse in più di un'occasione alla pittura di interni di cucina e alle serie dedicate alle stagioni. Misure: 230 x 94 cm

108 

ASTOLFO PETRAZZI Siena (1580 / 1653) "Angeli musicanti" Coppia di dipinti a olio su tela Origine: Madrid, collezione privata. Questa coppia di grandi tele è un buon esempio di pittura barocca senese. Provenienti dal mercato antiquario italiano e acquisite come opere di Astolfo Petrazzi, rappresentano una coppia di angeli musicanti, uno dei quali suona il serpente e l'altro il liuto. Spicca il loro tono monumentale, in quanto si tratta di figure che superano di poco le dimensioni reali ed entrambe si trovano all'interno di una coppia di nicchie architettoniche in pietra bianca, sormontate da archi semicircolari. Conoscendo il naturalismo romano, Petrazzi gioca con i contrasti di luce e ombra per dare maggiore profondità alle sue composizioni e lavora con la prospettiva in modo che gli angeli sembrino sfuggire alle cornici architettoniche che li racchiudono, dando a entrambe le composizioni un grande movimento. Nulla si sa della loro origine remota, anche se, per la consistenza dei dipinti, è facile ipotizzare che debbano far parte di una commissione di grande importanza realizzata a Siena, Spoleto o Roma, città in cui sviluppò la sua attività. Dalla testimonianza delle fonti sappiamo che Petrazzi realizzò innumerevoli opere pubbliche e che assunse anche molte commissioni private, creando eleganti opere destinate alla devozione domestica. All'interno di quest'ultimo gruppo, spiccano i dipinti di genere, in cui l'artista ricorse in più di un'occasione alla pittura di interni di cucina e alle serie dedicate alle stagioni. Misure: 230 x 94 cm

Le offerte sono terminate per questo lotto. Visualizza i risultati

Forse ti piacerebbe anche

Attribuito a JOSE DE ARELLANO (Madrid, doc. 1665 - 1710). "Floreros". Olio su tela. Rilegato nel XIX secolo. Presentano restauri nella superficie pittorica e danni alla cornice causati da xilofagi. Misure: 53 x 96 cm (x2); 71 x 87 cm (cornici, x2). Coppia di nature morte di fiori perfettamente inquadrate nel pieno barocco spagnolo, con un magnifico trattamento delle qualità, dei colori e, soprattutto, dell'efficace illuminazione tenebrista, che conferisce ai fiori una presenza e una tridimensionalità che raggiunge un livello illusionistico, quasi un trompe l'oeil. I fiori, lavorati in entrambi i dipinti nei toni del rosso, dell'ocra e del bianco, emergono dalle ombre dell'ambiente circostante. In entrambi i casi il vaso è posto su un piedistallo dai profili irregolari, dall'aspetto pietroso, lavorato negli stessi toni neutri dello sfondo, indeterminato, non si sa se interno o esterno. Il parapetto spicca sullo sfondo perché è un po' più illuminato, rafforzando la costruzione spaziale in modo naturalistico. Esteticamente l'opera si avvicina ai precetti di José de Arellano, pittore specializzato nel tema della natura morta di fiori, discepolo del padre Juan de Arellano, uno dei maggiori specialisti di pittura floreale del Barocco spagnolo. Era anche fratello dei pittori Manuel e Julián de Arellano. Seguì fedelmente lo stile del padre, tanto che molte delle sue opere sono state attribuite a lui. Tuttavia, il suo linguaggio si differenzia da quello di Juan de Arellano per le pennellate più secche e la tavolozza più tenue. Della sua biografia si sa poco, anche se si conosce la data del suo battesimo, avvenuto nella parrocchia di San Ginés a Madrid nel 1653, con padrino il pittore Juan Fernández de Laredo. Attualmente è rappresentato al Museo del Prado (opere in deposito presso il Municipio e la Casa de Colon di Las Palmas de Gran Canaria e l'Ambasciata di Spagna presso l'ONU a New York). Mentre nella prima metà del secolo la natura morta è ordinata e chiara, con un'estetica classicista, le opere della seconda metà del secolo presentano caratteristiche molto diverse, frutto dell'evoluzione stilistica verso il pieno barocco, abbandonando il classicismo dominante dell'inizio del secolo. In opere come la coppia di vasi qui presentata, si mantiene il gusto per un naturalismo estremo, che porta l'autore a descrivere meticolosamente non solo i dettagli dei fiori e dei vasi, ma anche a trasmettere le loro diverse qualità tattili. Presentano restauri nella superficie pittorica e danni alla cornice causati da xilofagi.