Descrizione

Jacques Brissot (1929-2020)

Descente de croisement, dopo Petrus Christus 1976 Tecnica mista (strati successivi di collage, lumeggiature, verniciatura, carteggiatura) su tavola in una cornice dipinta firmata sul retro, con titolo in basso al centro su un'etichetta Dopo Petrus Christus, Lamentation ou Pietà, 1455-1460 circa, nel Musée Royal des Beaux-Arts, Bruxelles 54 x 85 cm Jacques Brissot è nato a Parigi nel 1929. Grande ammiratore dei primitivi fiamminghi (Dierick Bouts, Petrus Christus, Hieronymus Bosch, Bruegel il Vecchio, ecc.), coltiva il sogno di diventare un artista, pur ammettendo di "non saper dipingere". La sua prima carriera è stata quella di cineasta e regista. Negli anni Sessanta realizza film sperimentali, collabora con Pierre Schaeffer, il pioniere francese della musique concrète, nell'innovativo dipartimento di ricerca della RTF (Radiotelevisione Francese), monta e dirige film per la televisione, forgiando così una solida cultura mediatica in un momento di forte espansione del settore dei media. Il fermento della fine degli anni '60 risveglia i suoi desideri pittorici. All'inizio degli anni '70, all'età di 40 anni, ha posato la macchina fotografica, ma non ha abbandonato i media e le sue capacità. Da quel momento in poi, si esprime attraverso immagini fisse, accuratamente ritagliate e assemblate da innumerevoli riviste; sceglie la tecnica che utilizzerà per il resto della sua vita: il collage. Con umorismo e acerbità, reinterpreta i capolavori della pittura fiamminga, prendendone in prestito il realismo e l'abbondanza, e ritrae la società che aveva precedentemente osservato attraverso una lente. La sua "Descente de croisement" (lotto n. 32), eseguita nel 1976, lo avvicina alla figurazione narrativa e ricorda l'estetica di Alain Jacquet e il "métier" di Guðmundur Guðmundsson, detto Erró, unito alla malizia di Gérard Schlosser... Lungi dall'accontentarsi di associare pezzi di riviste, Jacques Brissot è un maestro nell'arte del collage. La sua attenzione ai dettagli, gli innumerevoli e precisi ritagli e i molteplici strati che compongono le sue opere confondono l'occhio: si potrebbe pensare di trovarsi di fronte a una pittura! E gli strati si accumulano anche quando si tratta di interpretare i suoi soggetti: il suo Saint-Jean dans le désert (lotto n. 37) sembra un'icona futuristica superata dalla tecnologia, un Sébastien Tellier in tacchi alti in cerca di ispirazione. Accecato dagli occhiali per la realtà virtuale, assordato dal rumore delle auto e degli aerei, con l'agnello mistico sostituito da una valigia, il viaggiatore si perde nel deserto del consumo di massa. Lo stesso vale per il suo impressionante trittico (lotto n. 36), in cui il viaggiatore, macchina fotografica in spalla (forse il giovane Brissot?), si perde in sentieri inondati di cavi... quando i pannelli si aprono, il carro di fieno di Bosch è sostituito da un'immensa televisione in cui si affollano cittadini e giornalisti. Le figure umane di Adamo ed Eva, cacciati dal paradiso tecnologico - il pannello di sinistra - sono sostituite da esseri chimerici, robot della cultura popolare (Star Wars, Spyro the Dragon, Kermit...) e un uomo che sembra collegato ai cavi nel pannello di destra... una distopia che riecheggia le domande che la società di oggi si pone sui social network, sull'essere umano e sull'intelligenza artificiale. Come potete vedere, queste opere saranno oggetto di infinite discussioni una volta tornati a casa.

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Jacques Brissot (1929-2020)

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