ROBERT-HOUDIN. Confidenze e rivelazioni. Come si diventa stregoni. Parigi, Delah…
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ROBERT-HOUDIN. Confidenze e rivelazioni. Come si diventa stregoni. Parigi, Delahays, 1868, in-8, mezza tela verde. Con un ritratto in frontespizio staccato. Alcuni segni di foxing.

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ROBERT-HOUDIN. Confidenze e rivelazioni. Come si diventa stregoni. Parigi, Delahays, 1868, in-8, mezza tela verde. Con un ritratto in frontespizio staccato. Alcuni segni di foxing.

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Dominique Dufour de PRADT. L.A.S. e MANUSCRIT autografi, Parigi 13 febbraio 1819; 1 e 6 pagine in-4. Rivelazioni sulla sua ambasciata a Varsavia. Invia una signora "suplemens à l'ambassade de Varsovie", contando sulla sua discrezione... [Pradt pubblica nel 1815 la sua Histoire de l'ambassade dans le grand-duché de Varsovie, dove Napoleone lo aveva nominato nel 1812]. "Il rispetto dovuto agli individui, o dettato dalle circostanze, può costringere uno scrittore a sacrificare alcune parti di questi resoconti, quando la verità storica non viene alterata da queste restrizioni [...]. [...] L'autore dell'Ambasciata di Varsavia ha provato quella sorta di rimorso con cui la prudenza si vendica, per così dire, della fretta, e richiama lo scrittore che si è abbandonato a un primo movimento [...].Per esempio, come far apparire con correttezza la frase che leggeremo qui di seguito davanti agli occhi dell'imperatore di Russia, che era arrivato a Parigi per la seconda volta con la spada in mano, e che era presente quando l'ambasciata si presentò [...] Analogamente per M. de TALLEYRAND. de TALLEYRAND. La parola di Napoleone su di lui era sanguinosa, e tanto più infelice in quanto raccontava una cosa vera"... Pradt ha quindi tolto dal suo manoscritto alcune frasi che qui trascrive, in particolare le parole di NAPOLEONE, che qui ripristina. Ad esempio: "L'imperatore Alessandro fa il piccolo ammutinato, ma io lo schiaccerò"; o a proposito di Talleyrand, che voleva nominare a Varsavia: "ma ha spettegolato con un gruppo di vecchie, è un uomo finito"; nonché un commento crudele sull'imperatrice d'Austria. Pradt racconta anche del generale SEBASTIANI e della difesa di Parigi contro gli alleati... È allegato un manoscritto: "Lettres de M. de Pradt à M. de Bassano depuis le 9 mai" (6 p. petit in-4, in una cartella titolata), un'analisi di questa corrispondenza dal 9 maggio al 13 luglio 1812.

Prima Scuola di Fontainebleau; forse LUCA PENNI, secondo terzo del XVI secolo. "L'eroismo di Mucius Scevola. Olio su tavola. Engatillada. Ha un permesso di esportazione. Presenta restauri. Ha una cornice del XIX secolo con difetti. Misure: 138 x 228 cm; 156 x 249 cm (cornice). Dal Rinascimento e fino alla dissoluzione delle accademie, i dipinti storici hanno goduto di una grande popolarità tra il pubblico e la critica, poiché permettevano all'autore di mostrare tutta la sua abilità nella composizione, la veridicità dell'anatomia e la qualità dei dettagli. Quest'opera, che raffigura l'eroismo di Mucius Scevola, è un esempio di quanto detto, anche se grazie alla maestria dell'artista il dipinto va ben oltre. Il soggetto, basato sulla storia di Roma, ci mostra in modo narrativo come, in primo piano, Gaio Muzio Scevola venga catturato dai soldati di Porsena, re di Clusium, dopo aver ucciso un uomo ritenuto erroneamente il re e aver così liberato l'assedio dei Tarquinii sulle rive del Tevere. La seconda inquadratura rivela come poco dopo Caio Muzio si presenti al re per ucciderlo in nome di Roma e come punizione per il suo errore ponga la sua mano destra su una pira, al che il re di Clusium, ammirato per il suo coraggio, decide di deporre le armi. La presenza delle monete sul tavolo su cui il defunto poggia il braccio rivela il volto di Carlo V, mostrando così come l'artista allegorizzi un fatto storico in analogia con il proprio presente e con le vicende politiche del suo tempo, duramente segnato dalle conseguenze del Sacco di Roma, avvenuto nel 1527. Questa sottile ma efficace caratteristica aggiunge una componente morale alla scena, che non è più un'immagine meramente descrittiva ma un tentativo di trasmettere una morale allo spettatore. Esteticamente, la complessità della composizione, la qualità della disposizione delle figure, l'interesse per il grande formato per accogliere un soggetto classico, il modo in cui sono configurate e l'uso del colore indicano che si tratta di un maestro di grande formazione accademica, con una conoscenza delle anatomie michelangiolesche e un gusto per la raffinatezza estetica, entrambe caratteristiche della prima Scuola di Fontainbleau, la cui creazione e il cui sviluppo si devono al mecenatismo di Francesco I, che, dopo il sacco di Roma, inviò diversi pittori italiani per decorare il suo palazzo. Uno degli artisti che si recarono in Francia fu Luca Penni (Firenze, 1500 - Parigi 1556), responsabile della decorazione della sala del padiglione dei Poêles e della galleria di Ulisse nel Palazzo di Fontainbleau. Il suo stile, basato sul manierismo italiano, si è evoluto in un delicato classicismo in linea con l'estetica francese, estetica che si ritrova in questo dipinto. Infatti, l'opera presenta una forte somiglianza con l'opera di Penni della collezione del Louvre, "Augusto e la Sibilla di Tibur". Va notato che di Fontainebleu sono sopravvissuti pochi dipinti a olio e la maggior parte è conosciuta grazie ai disegni e alle incisioni delle opere.