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Descrizione

Maestro italiano; XVII secolo. "Narciso". Marmo di Carrara. Presenta difetti e restauri. Misure: 217 x 130 x 60 cm. Scultura scolpita in marmo di Carrara raffigurante un giovane efebo. Tecnicamente l'opera parte da un canone anatomico di carattere classico, con dimensioni naturalistiche che tendono a un dinamismo e a un'espressività tipici del barocco. Questa caratteristica si nota nella postura del protagonista con le gambe incrociate e un braccio in avanti, così come nel trattamento del tessuto che copre la vita, dove le ampie pieghe creano un gioco di luci e ombre che favoriscono l'imponenza del volume. Esteticamente l'opera si ispira alla statuaria classica, in particolare a quella romana, che a sua volta si rifaceva in qualche modo a quella greca, nonostante altre influenze stilistiche e idiosincrasie proprie. In questo caso va notato che l'opera corrisponde a un periodo storico in cui l'antichità viene utilizzata come esempio di società virtuosa, riprendendo e adattando i modelli stabiliti dalle culture citate. L'opera, che riunisce sia la tradizione della statuaria barocca sia il gusto espressivo e teatrale del Barocco, ricorda in gran parte nella sua composizione la scultura del David del Bernini, realizzata tra il 1623 e il 1624, attualmente nella collezione della Galleria Borghese. Noto per la sua bellezza, secondo la versione più conosciuta della storia, quella di Ovidio, Narciso rifiutò tutte le avances, innamorandosi infine di un riflesso in uno specchio d'acqua, tragicamente ignaro delle sue sembianze, estasiato da esso. In alcune versioni, si colpì il petto con la porpora in segno di agonia per essere stato tagliato fuori da questo amore riflesso, e al suo posto germogliò un fiore che portava il suo nome. Diverse versioni del mito sono sopravvissute da fonti antiche, una del viaggiatore e geografo greco Pausania del II secolo d.C. e una più popolare di Ovidio, pubblicata prima dell'8 d.C., che si trova nel libro 3 delle Metamorfosi. È la storia di Eco e Narciso, una storia nella storia. L'inquadratura di Ovidio mostra la storia come una prova delle capacità profetiche di Tiresia, un individuo che era stato sia maschio che femmina e a cui era stata tolta la vista durante una contesa tra Giunone e Giove. Egli si era schierato con Giove e Giunone, in preda alla rabbia, lo accecò. Al contrario, Giove le concesse la vista futura, o profezia. La profezia che ha dato il nome a Tiresia è la storia di Eco e Narciso. Presenta difetti e restauri.

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Maestro italiano; XVII secolo. "Narciso". Marmo di Carrara. Presenta difetti e restauri. Misure: 217 x 130 x 60 cm. Scultura scolpita in marmo di Carrara raffigurante un giovane efebo. Tecnicamente l'opera parte da un canone anatomico di carattere classico, con dimensioni naturalistiche che tendono a un dinamismo e a un'espressività tipici del barocco. Questa caratteristica si nota nella postura del protagonista con le gambe incrociate e un braccio in avanti, così come nel trattamento del tessuto che copre la vita, dove le ampie pieghe creano un gioco di luci e ombre che favoriscono l'imponenza del volume. Esteticamente l'opera si ispira alla statuaria classica, in particolare a quella romana, che a sua volta si rifaceva in qualche modo a quella greca, nonostante altre influenze stilistiche e idiosincrasie proprie. In questo caso va notato che l'opera corrisponde a un periodo storico in cui l'antichità viene utilizzata come esempio di società virtuosa, riprendendo e adattando i modelli stabiliti dalle culture citate. L'opera, che riunisce sia la tradizione della statuaria barocca sia il gusto espressivo e teatrale del Barocco, ricorda in gran parte nella sua composizione la scultura del David del Bernini, realizzata tra il 1623 e il 1624, attualmente nella collezione della Galleria Borghese. Noto per la sua bellezza, secondo la versione più conosciuta della storia, quella di Ovidio, Narciso rifiutò tutte le avances, innamorandosi infine di un riflesso in uno specchio d'acqua, tragicamente ignaro delle sue sembianze, estasiato da esso. In alcune versioni, si colpì il petto con la porpora in segno di agonia per essere stato tagliato fuori da questo amore riflesso, e al suo posto germogliò un fiore che portava il suo nome. Diverse versioni del mito sono sopravvissute da fonti antiche, una del viaggiatore e geografo greco Pausania del II secolo d.C. e una più popolare di Ovidio, pubblicata prima dell'8 d.C., che si trova nel libro 3 delle Metamorfosi. È la storia di Eco e Narciso, una storia nella storia. L'inquadratura di Ovidio mostra la storia come una prova delle capacità profetiche di Tiresia, un individuo che era stato sia maschio che femmina e a cui era stata tolta la vista durante una contesa tra Giunone e Giove. Egli si era schierato con Giove e Giunone, in preda alla rabbia, lo accecò. Al contrario, Giove le concesse la vista futura, o profezia. La profezia che ha dato il nome a Tiresia è la storia di Eco e Narciso. Presenta difetti e restauri.

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