Null Il MAESTRO DI EFFIGIE DOMINICANE, pittore e miniatore attivo a Firenze tra …
Descrizione

Il MAESTRO DI EFFIGIE DOMINICANE, pittore e miniatore attivo a Firenze tra il 1325 e il 1345 La Vergine con il Bambino in trono tra San Francesco e San Pietro Triptico con otturatori di chiusura Pittura a uovo e fondo oro su pannelli di legno 72,5 cm x 60 cm formato aperto Centro : La Vergine e il Bambino in trono H. 72cm : L. 28,5cm Pannello di sinistra: San Francesco d'Assisi che riceve le stimmate Pannello destro : San Pietro Ogni pannello: H. 49cm : L. 15cm Sul verso del pannello centrale: presenza di gallerie di parassiti xilofagi Superficie pittorica e fondo oro: usura e restauro Cornice originale in legno dorato, ad eccezione della base aggiunta; ganci dell'imposta: originali. Ornamenti originali punzonati e incisi ISCRIZIONI Sul risvolto destro in lettere dorate su fondo nero : SANTV' PETV' (Sanctus Petrus) Sul retro vecchie etichette Provenienza: Collezione del Barone Cosson, Firenze Collezione Bresset, Parigi Mostre : L'Art du Moyen Age, Marsiglia, Museo Cantini, 1952, n° 7 La Vergine, vestita con un manto blu scuro che le copre il capo, tiene in braccio il Bambino che cerca di fuggire. È seduta su un trono di marmo, il cui schienale è coperto da un drappo d'onore arancione, punteggiato da motivi geometrici dorati. Il gruppo è posto sotto un'arcata trilobata in terzo punto. In un paesaggio montano con alberi e un piccolo oratorio, il pannello di sinistra mostra San Francesco inginocchiato che riceve le stimmate di Cristo Serafino che vola nell'aria; nel pannello di destra, San Pietro, in piedi su una piattaforma decorata con un motivo a balaustra, si gira dinamicamente verso la Vergine e il Bambino, tenendo in mano due grandi chiavi d'oro, simbolo del suo potere. È vestito con un'ampia veste verde-blu coperta da un manto rosa-violaceo e indossa il pallio. Questo trittico va collocato nella produzione del Maestro delle Effigi domenicane, un artista il cui nome convenzionale è stato dato da R. Offner (Corpus of Florentine Painting, New York 1930, section III, vol. 2, parte I e 1957, sezione III, vol. VII)) da una tavola raffigurante Cristo e la Vergine in trono e diciassette santi e beati domenicani (Firenze, Archivio di Santa Maria Novella). Seguendo Offner, la critica ha gradualmente stabilito la personalità di questo pittore e miniatore, di cui non si conoscono documenti: si deve essere formato intorno al 1320 e ha lavorato con i pittori giotteschi, di cui ha subito l'influenza: il Maestro di Santa Cecilia, Jacopo di Casentino e, più tardi, intorno agli anni 1340, Bernardo Daddi. Ha lavorato anche come miniaturista con Pacino di Bonaguida. Il Maestro del Biadaiolo (pubblicato da Offner, op. cit. 1930), autore delle illustrazioni di un codice di Domenico Lenzi: il Biadaiolo (Firenze, Biblioteca Laurenziana, cod. Tempiano 3), il cui stile è vicino a quello del Maestro delle Effigi Domenicane, è stato per un certo periodo considerato un artista distinto da quest'ultimo. Oggi, alcuni critici considerano la produzione di questi due artisti come la fase iniziale dell'evoluzione del solo Maestro delle Effigi domenicane (cfr. M. Boskovits in Offner, Corpus della pittura fiorentina, Sezione III, Vol. 9, Firenze 1984 p. 54-56; B.L. Kanter, in Painting and Illuminationnnn in early Renaissance florence 1300-1450, exhibition New York The Metropolitan Museum 17 November 1994- 27 February 1995, p. 56-57 e A.Tartuferi, in Cataloghi della Galleria dell'Accademia di Firenze, I Dipinti, Vol. I, firenze 2003, p.145). Così, il pannello del Giudizio Universale, Vergine e Bambino, Crocifissione, Glorificazione di San Tommaso, Natività (New York, The Metropolitan Museum, Lehman Collection, n. 1975.1.).99) a lungo attribuito al Maestro di Biadaiolo e generalmente datato intorno al 1335 come il Codice Lenzi, presenta analogie stilistiche, iconografiche e ornamentali con il nostro trittico: la stessa presentazione della Vergine in trono, la stessa vivacità delle figure, l'uso di un identico motivo di archi inciso sul bordo dei pannelli. Restano invece importanti gli elementi che il Maestro delle Effigi domenicane mutua dai modelli giotteschi: del Maestro di Santa Cecilia, di cui deve aver visto gli affreschi ad Assisi (Chiesa Superiore), conserva, nel San Pietro del trittico, l'alta statura dei personaggi sormontati da una piccola testa, l'irruenza degli atteggiamenti, il raffinato cromatismo delle vesti: Per quanto riguarda la balaustra del terraplein su cui prende posto il santo, essa proviene anche da Assisi nella scena di Isacco ed Esaù di Giotto (cfr. B. Berenson, Quadri italiani del Rinascimento, Scuola fiorentina, Firenze 1963, Vol. I, figg. 84-88 e 25 rispettivamente). Un'ultima fonte di ispirazione è la Stigmatizzazione di San Francesco del trittico Cagnola di Jacopo di Casentino (documentato a Firenze nel 1339) (Firenze, Uffizi; cfr. Berenson, op. cit., fig. 102), scena che qui è riprodotta integralmente nel riquadro di sinistra, così come l'ornamentazione del dipinto.

36 

Il MAESTRO DI EFFIGIE DOMINICANE, pittore e miniatore attivo a Firenze tra il 1325 e il 1345 La Vergine con il Bambino in trono tra San Francesco e San Pietro Triptico con otturatori di chiusura Pittura a uovo e fondo oro su pannelli di legno 72,5 cm x 60 cm formato aperto Centro : La Vergine e il Bambino in trono H. 72cm : L. 28,5cm Pannello di sinistra: San Francesco d'Assisi che riceve le stimmate Pannello destro : San Pietro Ogni pannello: H. 49cm : L. 15cm Sul verso del pannello centrale: presenza di gallerie di parassiti xilofagi Superficie pittorica e fondo oro: usura e restauro Cornice originale in legno dorato, ad eccezione della base aggiunta; ganci dell'imposta: originali. Ornamenti originali punzonati e incisi ISCRIZIONI Sul risvolto destro in lettere dorate su fondo nero : SANTV' PETV' (Sanctus Petrus) Sul retro vecchie etichette Provenienza: Collezione del Barone Cosson, Firenze Collezione Bresset, Parigi Mostre : L'Art du Moyen Age, Marsiglia, Museo Cantini, 1952, n° 7 La Vergine, vestita con un manto blu scuro che le copre il capo, tiene in braccio il Bambino che cerca di fuggire. È seduta su un trono di marmo, il cui schienale è coperto da un drappo d'onore arancione, punteggiato da motivi geometrici dorati. Il gruppo è posto sotto un'arcata trilobata in terzo punto. In un paesaggio montano con alberi e un piccolo oratorio, il pannello di sinistra mostra San Francesco inginocchiato che riceve le stimmate di Cristo Serafino che vola nell'aria; nel pannello di destra, San Pietro, in piedi su una piattaforma decorata con un motivo a balaustra, si gira dinamicamente verso la Vergine e il Bambino, tenendo in mano due grandi chiavi d'oro, simbolo del suo potere. È vestito con un'ampia veste verde-blu coperta da un manto rosa-violaceo e indossa il pallio. Questo trittico va collocato nella produzione del Maestro delle Effigi domenicane, un artista il cui nome convenzionale è stato dato da R. Offner (Corpus of Florentine Painting, New York 1930, section III, vol. 2, parte I e 1957, sezione III, vol. VII)) da una tavola raffigurante Cristo e la Vergine in trono e diciassette santi e beati domenicani (Firenze, Archivio di Santa Maria Novella). Seguendo Offner, la critica ha gradualmente stabilito la personalità di questo pittore e miniatore, di cui non si conoscono documenti: si deve essere formato intorno al 1320 e ha lavorato con i pittori giotteschi, di cui ha subito l'influenza: il Maestro di Santa Cecilia, Jacopo di Casentino e, più tardi, intorno agli anni 1340, Bernardo Daddi. Ha lavorato anche come miniaturista con Pacino di Bonaguida. Il Maestro del Biadaiolo (pubblicato da Offner, op. cit. 1930), autore delle illustrazioni di un codice di Domenico Lenzi: il Biadaiolo (Firenze, Biblioteca Laurenziana, cod. Tempiano 3), il cui stile è vicino a quello del Maestro delle Effigi Domenicane, è stato per un certo periodo considerato un artista distinto da quest'ultimo. Oggi, alcuni critici considerano la produzione di questi due artisti come la fase iniziale dell'evoluzione del solo Maestro delle Effigi domenicane (cfr. M. Boskovits in Offner, Corpus della pittura fiorentina, Sezione III, Vol. 9, Firenze 1984 p. 54-56; B.L. Kanter, in Painting and Illuminationnnn in early Renaissance florence 1300-1450, exhibition New York The Metropolitan Museum 17 November 1994- 27 February 1995, p. 56-57 e A.Tartuferi, in Cataloghi della Galleria dell'Accademia di Firenze, I Dipinti, Vol. I, firenze 2003, p.145). Così, il pannello del Giudizio Universale, Vergine e Bambino, Crocifissione, Glorificazione di San Tommaso, Natività (New York, The Metropolitan Museum, Lehman Collection, n. 1975.1.).99) a lungo attribuito al Maestro di Biadaiolo e generalmente datato intorno al 1335 come il Codice Lenzi, presenta analogie stilistiche, iconografiche e ornamentali con il nostro trittico: la stessa presentazione della Vergine in trono, la stessa vivacità delle figure, l'uso di un identico motivo di archi inciso sul bordo dei pannelli. Restano invece importanti gli elementi che il Maestro delle Effigi domenicane mutua dai modelli giotteschi: del Maestro di Santa Cecilia, di cui deve aver visto gli affreschi ad Assisi (Chiesa Superiore), conserva, nel San Pietro del trittico, l'alta statura dei personaggi sormontati da una piccola testa, l'irruenza degli atteggiamenti, il raffinato cromatismo delle vesti: Per quanto riguarda la balaustra del terraplein su cui prende posto il santo, essa proviene anche da Assisi nella scena di Isacco ed Esaù di Giotto (cfr. B. Berenson, Quadri italiani del Rinascimento, Scuola fiorentina, Firenze 1963, Vol. I, figg. 84-88 e 25 rispettivamente). Un'ultima fonte di ispirazione è la Stigmatizzazione di San Francesco del trittico Cagnola di Jacopo di Casentino (documentato a Firenze nel 1339) (Firenze, Uffizi; cfr. Berenson, op. cit., fig. 102), scena che qui è riprodotta integralmente nel riquadro di sinistra, così come l'ornamentazione del dipinto.

Le offerte sono terminate per questo lotto. Visualizza i risultati