Félix PYAT Scrittore, drammaturgo, socialista rivoluzionario, più volte deputato…
Descrizione

Félix PYAT

Scrittore, drammaturgo, socialista rivoluzionario, più volte deputato, condannato alla deportazione, imprigionato, membro della Comune (Vierzon/CHER 1810 - Saint-Gratien (95) 1889). 3 lettere autografe firmate e un'incisione del suo ritratto (Litho. d'Auguste Bry. Paris Rousselin Éditeur): L.A.S. al signor BOULÉ, rue du Coq héron, 12 settembre 1838 - "Mio caro amico, il signor Galibert facendomi causa per una banconota inglese di 500 franchi, dal signor Tourreil al quale l'aveva fatta sottoscrivere, vi prego di prestarmi questi 500 franchi a 6 settimane di scadenza, perché in questo momento Dupont mi deve pagare...". 1p in-12° + L.A.S. a BATISSIER, 43 rue Notre-Dame de Lorette, 2 febbraio 18 (41) - 1p in-8° - "Mio caro amico, non abbiamo lasciato lì il nostro amico LACHET e il Comitato deve occuparsene nelle prossime riunioni. La Commissione Drammatica, che è più ricca dei comitati, si occuperebbe anche di lui; ma sarebbe necessario, credo, che il nostro povero amico faccia la sua richiesta ufficialmente. Scrivigli in questo senso...". + L.A.S. ad Albert AUBERT, di SAINTE-PÉLAGIE (prigione) del 12 gennaio 1846 - "Amico mio. Sono commosso fino alle lacrime, deliziato fino all'estasi dal vostro ammirevole feuilleton. Mi farebbe credere nella bontà del mio lavoro. Il tuo talento, come un prisma magico, lo ha illuminato con mille colori e mille luci. Che lode per l'amor di Dio! È travolgente, spaventoso! La minima critica, la avvolgi in mirra e balsamo, rosa e alloro. Se non muoio di gioia, morirò di paura. Che cambiale hai appena disegnato su di me per il futuro! Mi hai baciato troppo forte, nobile e robusto amico, sto soffocando, sono perso, vedi, ho già perso la testa. Vi sto rimproverando. Ah, sono pazzo, sono ubriaco, il mio cuore trabocca, l'hai riempito di un sentimento di gratitudine che non cesserà mai di rispondere e che lo riempie sempre". - 1p in-8°.

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Georges CLEMENCEAU (1841-1929). Manoscritto autografo, Victimes d'un adjectif; 4 pagine e mezzo in-4. Interessante articolo politico sulle correnti socialiste. "Vittime del loro aggettivo, questi sono i socialisti rivoluzionari. Hanno posto la questione sociale nella sua forma più acuta. [...] Hanno formato un partito che è cresciuto e che non mi sembra sia alla fine della sua crescita. [...] Si chiamavano socialisti [...] perché sostenevano di avere un progetto di riforma sociale generalizzato che, secondo loro, avrebbe cambiato la faccia del mondo"; aggiungevano l'aggettivo "rivoluzionari" per magnificarsi "attribuendosi il ruolo di demiurghi in una trasformazione dell'umanità che avrebbe sostituito la modesta creazione della sinistra con una sublime ri-creazione. Questo è ciò che chiamano [...] come i nostri padri del 1792, una Rivoluzione". Quando cerchiamo il significato esatto di questo magnifico verbo, dobbiamo avere il coraggio di ammettere a noi stessi che vi troviamo soprattutto un'intenzione". L'intenzione porta alla volontà, che porta all'azione, che "nelle circostanze più favorevoli, a volte porta allo scatenamento di forze che possono portare a profondi cambiamenti"... Ecc. E conclude: "Per quanto riguarda lo stesso partito socialista, non dobbiamo contare sul fatto che i repubblicani siano in grado di avere una presa al momento. [L'unica cosa importante è affrontare tutti i problemi sociali senza paura. Nel 1849 la paura del socialismo ha ricacciato la Francia nelle mani dell'autocrate imbecille [Napoleone III] che ci ha portato a Sedan. Che questa sia una lezione per noi. Basta con le paure sciocche, segno di un vile abbandono. Il termine Repubblica include la giustizia sociale. Non è davanti alla nostra bandiera che potremmo indietreggiare".