DELACROIX Eugène (1798-1863). L.A.S. "E. Delacroix", Souillac 28 ottobre 1820, a…
Descrizione

DELACROIX Eugène (1798-1863).

L.A.S. "E. Delacroix", Souillac 28 ottobre 1820, ad Achille PIRON, "employé des Postes, Hôtel des Postes", a Parigi; 3 pagine in-4, indirizzo (indirizzo cancellato con piccole corrosioni di inchiostro). Soggiorno nel lotto con suo cognato Raymond de Verninac. È da una decina di giorni da suo cognato, "in mezzo a persone eccellenti che fanno un pasto infernale, e tra le quali è molto difficile trovare un momento di libertà per scrivere ai suoi amici. [...] È possibile che io parta molto presto. È anche possibile che io rimanga più a lungo di quanto penso ora. [...] Vivo come quei maiali che vengono nutriti per ingrassarli. Nel tempo della febbre, mio crudele nemico, ho visto sudori interminabili che consumavano le mie forze e rendevano il mio viso pallido; allo stesso tempo il cibo gocciolava e mi sollevava lo stomaco. Non ho mangiato nulla. Oggi, una fame terribile ha sostituito questo disgusto. Mangerei all'infinito. Purtroppo devo digerire e questo è un lavoro per me. [...] Una delle cose che è singolarmente lusinghiera di questo posto è la bellezza della valle dove è costruita questa piccola città. Ci sono montagne ammirevoli, viste immense. Ma siccome sembra che Satana abbia soffiato sul mio viaggio dove quasi tutto era fatale, la pioggia, dopo molti giorni di sole più bello, mentre io languivo inabile, in una poltrona, è iniziata il giorno prima della nostra partenza dalla foresta. Ci ha accompagnato durante il viaggio e ci ha tenuto compagnia da quando siamo arrivati. Si può sentire la tristezza di un uomo che aveva bisogno di esercizio per recuperare un po', costretto in una casa. I fiumi straripano, ogni giorno è nuvoloso o piovoso. Il fango è in ogni strada, in ogni angolo. Quindi, in ultima analisi, c'è solo una cena che non è soggetta alle vicissitudini del tempo. Ogni giorno, verso le 6 di sera, scendiamo in una grande sala dove ci sono almeno venti facce a tavola. Poi ci sono gli antipasti, gli arrosti, gli entremets, i dolci e infine le portate infinite. Così, nonostante le risoluzioni più moderate del mondo, esco sempre da questi veri e propri tagli di tavolo con lo stomaco teso e un passo sensibilmente più pesante, tanto che il mio piede spesso prende il passo. Se Dio vuole, uscirò da qui senza un grave incidente. [...] Addio, mio buon amico; spero di rivederti. Questo cane di Parigi, così sporco, così soffocante, ha tuttavia il segreto di richiamarti ad esso e di farti trovare buono per qualcosa quando ti ci trovi. Attribuisco la virtù della sua attrazione a una sola cosa. Il merito è tutto, credo, delle persone che si ha il piacere di incontrare lì"... Lettres intimes (XXIII, p. 123).

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