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Description

Guido Reni (1575 - 1642) Guido Reni (1575 - 1642) San Francesco Olio su tela 183,2 x 136 cm Elementi distintivi: sul verso, etichetta recente, con riferimento all'opera Provenienza: Banca Popolare di Asolo e Montebelluna (dal 1993); Veneto Banca SpA in LCA Certificati: certificato di Paolo Viancini, s.d.; scheda critica di Daniele Benati, del 26 luglio 2021; scheda critica di Massimo Pulini, del 7 agosto 2021 Stato di conservazione. Supporto: 80% (reintelo) Stato di conservazione. Superficie: 75% (abrasioni, spuliture, integrazioni e ritocchi, anche sul viso del santo) Il dipinto è stato acquisito da Veneto Banca nel 1993 e da allora è stato conservato in caveau. Inedita, l'opera è stata oggetto di un'ampia indagine critica in sede di catalogazione, con un giudizio prevalentemente orientato nel riconoscervi un capolavoro di Guido Reni. Per Daniele Benati, che vi ha dedicato una approfondita scheda critica e intende presentare l'opera anche in sede scientifica, «Il bellissimo dipinto appartiene senza dubbio a Guido Reni, trovando immediato riscontro con altre sue opere già note non soltanto per il tipo di composizione, ma soprattutto per la suprema raffinatezza della conduzione pittorica, ineguagliata da nessuno dei suoi allievi, per quanto dotati.» Lo studioso data l'opera «agli inoltrati anni Trenta del XVII secolo» sia rapportandola al dipinto di analogo soggetto della Galleria Colonna e al Pallione della peste del 1631 (Bologna, Pinacoteca Nazionale) sia in ragione dello «addolcimento della stesura che Guido vi consegue, in ordine a quella progressiva “smaterializzazione” dell’immagine che anima tutta la sua feconda carriera», non mancando di segnalare che rispetto «alle versioni note, anche l’atteggiamento con cui il santo è raffigurato punta in direzione di una maggiore introspezione psicologica: il suo muto e addolorato colloquio con il Crocifisso è infatti cosa diversa dall’enfasi con cui, nei quadri dei Girolamini e del Louvre, egli rivolge impetuosamente lo sguardo al cielo portandosi la destra al petto. Da questo punto di vista, la soluzione proposta nel quadro in esame appare più convincente anche rispetto alla versione Colonna, addebitabile in parte agli aiuti, in cui il santo si torce le mani ripetendo alla lettera l’invenzione già utilizzata nel Pallione della peste, dove essa appariva però tanto più necessaria in relazione al tema proposto dal grande dipinto.». Sul piano virtuosistico, «Con un’economia di mezzi davvero impressionante, Reni riesce di fatto a condensare una quantità strabiliante di osservazioni naturalistiche e nello stesso tempo a proiettarle in una dimensione di perfezione ultraterrena: dai lucori degli occhi ai peli della barba sfiorata dalla luce che spiove dall’alto, dalla tessitura dell’umile saio alla superficie polita del teschio, dagli oggetti abbandonati in primo piano alla mirabile apertura di paesaggio, che sembra davvero disfarsi nella luce. Nel dipinto non c’è del resto alcuna pennellata “inutile”; e gli stessi “pentimenti” – nel dorso della mano destra, ad esempio, o nel profilo del teschio – vengono intenzionalmente lasciati a vista, per conferire alla pittura un effetto di maggiore vibrazione. Laddove la luce batte con maggiore insistenza, Guido ricorre poi a una sottile tessitura di pennellate parallele e come ravviate, così da produrre quell’effetto cristallino che gli è proprio e che i copisti cercano invano di imitare. Siamo cioè di fronte a un esito in cui Guido esplicita al grado più alto la propria propensione per un vero “ideale”, mirato ad estrarre dal dato di natura, indagato peraltro con indicibile sottigliezza, il suo valore eterno e metafisico». (... continua: scheda completa nel catalog pdf al link https://goforarts.com/doc/VB_IT_2_2/Meraviglie_Atto_II_HR.pdf . Il catalogo include anche lotti non disponibili sulle piattaforme on line, tra cui molti dei più prestigiosi).

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Guido Reni (1575 - 1642) Guido Reni (1575 - 1642) San Francesco Olio su tela 183,2 x 136 cm Elementi distintivi: sul verso, etichetta recente, con riferimento all'opera Provenienza: Banca Popolare di Asolo e Montebelluna (dal 1993); Veneto Banca SpA in LCA Certificati: certificato di Paolo Viancini, s.d.; scheda critica di Daniele Benati, del 26 luglio 2021; scheda critica di Massimo Pulini, del 7 agosto 2021 Stato di conservazione. Supporto: 80% (reintelo) Stato di conservazione. Superficie: 75% (abrasioni, spuliture, integrazioni e ritocchi, anche sul viso del santo) Il dipinto è stato acquisito da Veneto Banca nel 1993 e da allora è stato conservato in caveau. Inedita, l'opera è stata oggetto di un'ampia indagine critica in sede di catalogazione, con un giudizio prevalentemente orientato nel riconoscervi un capolavoro di Guido Reni. Per Daniele Benati, che vi ha dedicato una approfondita scheda critica e intende presentare l'opera anche in sede scientifica, «Il bellissimo dipinto appartiene senza dubbio a Guido Reni, trovando immediato riscontro con altre sue opere già note non soltanto per il tipo di composizione, ma soprattutto per la suprema raffinatezza della conduzione pittorica, ineguagliata da nessuno dei suoi allievi, per quanto dotati.» Lo studioso data l'opera «agli inoltrati anni Trenta del XVII secolo» sia rapportandola al dipinto di analogo soggetto della Galleria Colonna e al Pallione della peste del 1631 (Bologna, Pinacoteca Nazionale) sia in ragione dello «addolcimento della stesura che Guido vi consegue, in ordine a quella progressiva “smaterializzazione” dell’immagine che anima tutta la sua feconda carriera», non mancando di segnalare che rispetto «alle versioni note, anche l’atteggiamento con cui il santo è raffigurato punta in direzione di una maggiore introspezione psicologica: il suo muto e addolorato colloquio con il Crocifisso è infatti cosa diversa dall’enfasi con cui, nei quadri dei Girolamini e del Louvre, egli rivolge impetuosamente lo sguardo al cielo portandosi la destra al petto. Da questo punto di vista, la soluzione proposta nel quadro in esame appare più convincente anche rispetto alla versione Colonna, addebitabile in parte agli aiuti, in cui il santo si torce le mani ripetendo alla lettera l’invenzione già utilizzata nel Pallione della peste, dove essa appariva però tanto più necessaria in relazione al tema proposto dal grande dipinto.». Sul piano virtuosistico, «Con un’economia di mezzi davvero impressionante, Reni riesce di fatto a condensare una quantità strabiliante di osservazioni naturalistiche e nello stesso tempo a proiettarle in una dimensione di perfezione ultraterrena: dai lucori degli occhi ai peli della barba sfiorata dalla luce che spiove dall’alto, dalla tessitura dell’umile saio alla superficie polita del teschio, dagli oggetti abbandonati in primo piano alla mirabile apertura di paesaggio, che sembra davvero disfarsi nella luce. Nel dipinto non c’è del resto alcuna pennellata “inutile”; e gli stessi “pentimenti” – nel dorso della mano destra, ad esempio, o nel profilo del teschio – vengono intenzionalmente lasciati a vista, per conferire alla pittura un effetto di maggiore vibrazione. Laddove la luce batte con maggiore insistenza, Guido ricorre poi a una sottile tessitura di pennellate parallele e come ravviate, così da produrre quell’effetto cristallino che gli è proprio e che i copisti cercano invano di imitare. Siamo cioè di fronte a un esito in cui Guido esplicita al grado più alto la propria propensione per un vero “ideale”, mirato ad estrarre dal dato di natura, indagato peraltro con indicibile sottigliezza, il suo valore eterno e metafisico». (... continua: scheda completa nel catalog pdf al link https://goforarts.com/doc/VB_IT_2_2/Meraviglie_Atto_II_HR.pdf . Il catalogo include anche lotti non disponibili sulle piattaforme on line, tra cui molti dei più prestigiosi).

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